Dicono di noi:
Che non venivamo Al Birrificio, già Birrificio Aosta, erano diversi anni e immagino diverse gestioni, vista la radicale ristrutturazione dell’interno, reso più accattivante e fashion sacrificando però il palco per esibizioni musicali dal vivo.
Il parcheggio esterno è incapiente in caso di pienone, mentre l’ambiente simpaticamente trendy punta chiaramente alla clientela giovane: tienine conto leggendo chi, ormai diversi anni fa, festeggiò qui il proprio mezzo secolo innaffiandolo doverosamente con abbondante “50 Ale”, memorabile nettare agrumato di produzione locale che purtroppo mi risulterebbe fuori catalogo.
Oggi l’offerta del Birrificio comprende uno sterminio di etichette artigianali in bottiglia dalle provenienze più diverse al pari della decina alla spina, tra cui abbiamo scelto le sole due a km zero: una birra salata tanto particolare da indurre la gentilissima e sorridente cameriera a farcela assaggiare prima di portarcela, e una rossa tanto evanescente da farci rimpiangere la mitica, corposa, esplosiva Excalibeer, disponibile la sera della nostra visita soltanto in bottiglia.
Dal menu assai risicato (ma del resto Al Birrificio si dovrebbe venire più per bere che per mangiare), abbiamo accompagnato le libagioni con un degnissimo e soddisfacente Pulled Pork, panino di spalla di maiale e cipolla, ed una un po’ meno degna carbonara, il cui condimento anziché avvolgere cremoso gli spaghetti vi ristagnava sotto liquido e giallognolo, mentre il guanciale più che tostato era tanto bruciaticcio da far temere per la tenuta dentale. Peccato. Conto in linea con la tipologia e il livello del locale.
Alti e bassi quindi sotto più aspetti; ma se si ponesse mano ai punti deboli, questo potrebbe tornare ad essere un locale in cui festeggiare degnamente i prossimi “anni tondi”.
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