Dicono di noi:
Tanta, troppa confusione. Non quella prodotta dalle persone, dato che la location amena, immersa nel verde, consente un pranzo molto tranquillo, in pieno relax. La confusione è quella riscontrata nel format di questo ristorante, in perenne contrasto tra cucina chic e autenticità contadina. Alla fine "Il Cavaliere" non risulta nè l'uno, nè l'altro. Sul bigliettino da visita campeggia il sito web "agriturismoilcavaliere.it". Eppure di agriturismo non abbiamo trovato nulla, se non un pollaio occultato nel retro del ristorante. Ma d'altronde, su questa categoria la cronaca è piena di nonsense e storture, che non certo possiamo trattare in questa sede.
A Manocalzati, paese agricolo come pochi in Irpinia, è d'obbligo attendersi una cucina terragna, invece spingono con una certa insistenza sul pesce. La giustificazione è che lo chef è salernitano e che la cucina è "campana" (definizione tra le più paracule che abbia mai sentito, per quanto mi riguarda). Questa è la base di una mancanza di identità precisa che si perpetra in altri aspetti. Ma partiamo dal conto, ingiustificatamente corposo e che, pertanto, dà origine a relative pretese da parte del commensale. La genuinità delle materie prime, le paste fatte a mano, la presenza di un maître in sala, la cucina esclusivamente espressa non giustificano questi prezzi, che ha pochi pari in Irpinia. A tal proposito, richiedere un menu coi prezzi si è rivelato una chimera.
Al cospetto di una cucina buona, ma non eccezionale, ma fatta anche di scelte discutibili (come un banalissimo pecorino Brigante nell'antipasto), fanno da contraltare il servizio disattento, il conto inappropriato, i tempi di servizio lunghissimi (in una domenica non affollatissima siamo entrati alle 13 e usciti dopo le 17) che in sostanza ne fanno un ristorante in cui non tornare.
E intendo sorvolare sulle problematiche di un piatto tornato indietro per un "problema" che può capitare, ma che non dovrebbe capitare, che ha generato prima delle scuse poco convinte (a momenti facevano passare una défaillance del genere per sintomo di maggiore qualità), poi hanno trovato la diffidenza di uno dei camerieri (che ha richiesto se il piatto fosse stato visionato dalla collega!) e che infine non si sono adeguatamente ripercosse sul trattamento finale (oramai caffè e amaro li offrono tutti), ma che come risultato hanno visto solo l'atteggiamento del maître passare dalla modalità "serioso maestro di cerimonia" a quella "affabile guascone" (coerentemente con la personalità multipla del locale).
Finanche il capitolo vino, che dovrebbe essere uno dei capisaldi del menu (si propongono esclusivamente bottiglie della cantina di famiglia, per di più mediocri), mostra segni di labirintite: scelto un Taurasi per accompagnare le carni, ci viene proposto un Taurasi Riserva, che stavano aprendo senza nemmeno comunicarcelo; per di più venduto ad un prezzo modestissimo - 25 euro, ma che all'assaggio ne vale pure meno. La giustificazione del cambio (arbitrario) di vino? Un misterioso e laconico: "non ne abbiamo più".
Il giudizio finale è che questo ristorante/agriturismo/hosteria (suggerisco quest'ultima denominazione in un prossimo, non improbabile, cambio di identità, ma mi raccomando la "H" che solitamente giustifica qualche euro in più nel conto finale), nascondendosi dietro alcuni parametri che solitamente appartengono ai grandi ristoranti, in fin dei conti nasconde un'anima da locale di periferia, con tanta apparenza e poca sostanza, ideato principalmente per smaltire i vini di famiglia; un'attività che vive di foto ad effetto sui social, ma pecca nelle regole di servizio più basilari (vino versato direttamente senza l'assaggio ad un commensale - con questi prezzi e questi millantati standard di qualità non è concepibile), che si dimentica di portare le posate a ogni cambio portata, che sporca un piatto versando il vino e non provvede a cambiarlo, che si presenta con piatti di portata di grandezza differente pur proponendo la stessa pietanza, che serve formaggi dozzinali e porzioni scarse. Che dell'eterna dicotomia ristorante di classe - bettola di provincia prende tutti gli aspetti più convenienti: conto della prima, ma servizio della seconda, porzioni della prima, ma organizzazione della seconda.
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