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Dicono di noi:
Qualche lettore potrà legittimamente pensare che una recensione controcorrente e così convintamente determinata, quale è quella che sto per scrivere, sia il frutto dell’elucubrazione nonché dell’elaborazione di un concorrente locale. Il pensiero rimane legittimo ma, come avviene per qualsiasi cosa si legga, il crederci rientra nella sfera della soggettività. Sono un ragazzo di Taranto e, con il mio coinquilino, vivo in provincia di Marino da quasi due anni. I ristoranti che conosco, pertanto, specie in considerazione del covid, sono veramente pochi, e quindi non sono in possesso di elementi che giustifichino una eventuale concorrenza. La valutazione umana va ben al di là della mera definizione del cibo. Ciononostante, in due abbiamo ordinato una battuta di fassona accompagnata da uovo, alici, senape e acciughe (abbastanza buona) e due pizze (più probabilmente pinse) discrete. Il giudizio sulla pizza (pinsa) a cui probabilmente non siamo abituati anche per le diverse preparazioni che conseguono alla diversa collocazione geografica (sebbene abbiamo in qualche modo imparato a distinguere i due impasti), può restare anche marginale. Certo, però, il tutto non ci è risultato sufficientemente gradito… e forse a rovinare la degustazione e, con essa, la digestione, è stato il clima che si respirava. La pur gradita entrée non ha certamente sopperito a tutte le mancanze sotto il profilo dell’accoglienza e della cortesia. Sta di fatto che io il mio coinquilino (forse troppo “umilmente” vestiti per essere sufficientemente considerati) abbiamo scoperto di possedere un dono prezioso: il dono dell’invisibilità. Accomodatici al tavolo, ci viene servita l’entrée (una zuppa di fagioli in vetro), solo al momento della formalizzazione dell’ordine (registrato dopo circa mezz’ora che eravamo seduti). Il sabato sera, dopotutto, si sa, rappresenta un momento impegnativo. L’attesa non poteva che essere preventivata. I problemi insorgono quando, molto dopo di noi, entra qualcuno a cui viene riservato un servizio di tutto rispetto (e soprattutto di tutt’altra levatura). Le innumerevoli volte in cui abbiamo chiamato la cameriera e il cameriere senza neppure ricevere un cenno di riscontro, ci hanno fatto sempre più persuadere del nostro nuovo dono: eravamo invisibili, non c’era dubbio. Ma l’umiliazione è arrivata quando, a 20 minuti dalla richiesta di una seconda porzione di pane per mangiare la fassona, siamo rimasti inascoltati mentre, chi era al tavolo di fronte al nostro, riceveva scuse e salamelecchi senza sosta e a ogni richiesta seguiva l’immediato servizio. Questo è uno dei quei casi in cui l’eccessiva raffinatezza degenera in snobismo. Non è facile descrivere un’umiliazione ma quantomeno ci ho provato. Finito di cenare, mesto mesto vado in cassa: 2 € di acqua, 10 € di fassona, 15 € le due pizze (neanche finite ma i cui resti abbiamo portato a casa per evitare sprechi), 3 € di coperto. 30 € totali sudati per una cena che ci ha lasciato con l’amaro in bocca ma che ci ha reso edotti di qualcosa di speciale: questo luogo è magico e in questo luogo la magia si irradia da ciascuno. Anche dello scontrino, infatti, nemmeno l’ombra… forse cha anche lui era diventato invisibile?
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