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Dicono di noi:
Puzza ovunque. Cibo strano: tra una pasta ai funghi e un risotto alla milanese spunta qualche nighiri di tanto in tanto. Non ne capisco la logica. Non tornerò.
Racconto di seguito la storia del locale, storia fatta da grandi successi e grandi delusioni. Sono stato un assiduo frequentatore del Kaneda. Il cibo era eccezionale, il personale cortese, la location pulita. C’era sempre la fila per entrare. Quella era l’epoca del principe Alì, l’epoca del filippino coi denti storti, della cinese piccolina con i baffi. Il kaneda era diventato meta di pellegrinaggio per migliaia di studenti. Ancora ricordo le tavolate di 30 persone nel piano di sotto, le piante alla parete, le bottiglie di vino, i pranzi che duravano fino alle 16:00, la signora alla cassa che mai ci offrì uno sconto e che tuttavia era parte integrante dell’atmosfera magica grazie ai suoi “Ciaaah”, i piccioni che mangiavano le code di gambero fritto e andavano a morire poco più in là, i tavoli all’esterno baciati dal sole.
D’un tratto, tuttavia, l’incanto svanì, la qualità scese, le persone scapparono e il principe Alì si rintanò in Egitto. La magia finì. Perciò sono andato alla ricerca di un nuovo sushi.
Grazie Kaneda per tutto quello che ci hai fatto vivere. Ci mancherai, ma non metteremo mai più piede al Kaneda né in alcun altro locale che sorgerà dalle sue ceneri.
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