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Dicono di noi:
Ho 43 anni e non ho mai scritto una recensione di un ristorante, ma per la prima volta in vita mia sento una sorta di responsabilità morale che mi obbliga a scrivere.
Premesso che è evidente come ieri al Pachanga abbiano avuto ‘una di quelle serate in cui va tutto storto’, sarà sui problemi strutturali che concentrerò la mia critica e non sulle contingenze che la scarsa dimestichezza col mestiere da parte dello sfaff ha finito per ingigantire.
All’arrivo ho una buona impressione, il locale è il classico lido sulla spiaggia che è tutto ciò che voglio quando vengo in vacanza in Calabria. La selezione musicale delude, ma quello è un elemento totalmente soggettivo. ‘Locale sconsigliato a chi prende la musica sul serio’ ho pensato lì per lì. Niente di grave.
Procediamo ad ordinare 6 tapas da dividere (eravamo in 8) per cominciare e 4 pizze margherita per le bimbe. Dopo tre bottiglie di vino, del cibo neanche l’ombra. Finalmente arrivano le tapas, quattro anziché sei, con tonno e spada talmente cotti che ho fatto fatica a distinguere cosa fosse cosa. Delle pizze per le bimbe ancora nessun segno. Chiediamo di avere le altre 2 tapas e ne arriva solo una, dopo un po’. Ma a quel punto la nostra preoccupazione principale era trovare il modo di tenere a bada le fameliche frugolette. Intanto, dal personale di sala, neanche una parola di scuse.
Dopo una lunga attesa e fiumi di vino per non pensarci, arrivano le pizze per tutti, o quasi. Arrivano le pizze baby per le bimbe, e un paio di pizze baby per gli adulti - per intenderci, due terzi del simpatico tagliere tondo sul quale vengono servite. Ma questa delle dimensioni ridotte si rivelerà presto una buona notizia, già, perché la pizza è atroce. Il pomodoro ricorda quello concentrato in pasta, forse perché crudo? Sarà stata la fretta? Non lo so, di sicuro con livelli di acido malico e citrico talmente alti da farmi sperare di cavarmela con un semplice reflusso. Intanto quando metà tavolo aveva finito la sua baby pizza chiediamo novità sul resto dell’ordine e per risposta ci sentiamo chiedere di quali piatti si trattasse. Avranno perso la comanda? Può essere, succede anche ai migliori, ma di scuse ancora niente. In realtà, i giovanotti in sala sembrano sempre più infastiditi dalle nostre pressanti richieste di cibo. Ah, questi clienti…
Alla fine arrivano tutte le portate, meno una.
La cucina è un lavoro difficile, specie quando non si è professionisti, e gli errori ci stanno. Anche perdere una comanda se questo è ciò che è successo. Ma la gestione dell’errore da parte della sala è stata imbarazzante, direi inaccettabile. Il lavoro della sala non è quello di portare piatti e sparecchiare, lavoro che potrebbero fare anche delle scimmiette se ben addestrate. Il lavoro della sala è principalmente quello di coprire e annullare eventuali errori e ritardi della cucina, con la dialettica, con un sorriso, una battuta, una parola di scuse, un cenno di umana sincerità. E che ci vuole, tanto sarebbe bastato e tutto sarebbe finito dietro il proverbiale 'cozzetto'. Ma niente di tutto questo, e così rabbia e frustrazione del cliente montano errore dopo errore. E quando a fine serata sentiamo le prime parole di scuse da colui che immagino sia il gestore, l’apoteosi. Gli dico, e cito testualmente, “non c’è problema, puoi ancora rimediare quando ci porti il conto”, riferendomi a quell’ultimo piatto mancante che sarebbe arrivato, o così ci avevano assicurato, da lì a poco. Ma il gestore capisce inopinatamente che la mia richiesta era quella di alzarmi senza pagare, evidentemente scambiandomi per uno straccione, e così sbotta, e con atteggiamento improvvisamente aggressivo, a dir poco, mi dice davanti ai miei compagni di tavola che la sua intenzione era quella di non farci pagare (sic!) ma che alla luce della mia apparentemente esplicita richiesta non l’avrebbe più fatto (sic!). Io resto a bocca aperta, confuso, imbarazzato, quasi umiliato. Questo è troppo pure per la Calabria penso in quel momento. Avrà avuto una brutta serata pure lui, ed umanamente lo capisco, ma quello non è proprio un atteggiamento verso il cliente da manuale del settore... Per la cronaca, e dopo le nostre ripetute insistenze che era nostra intenzione pagare, mi sconta un terzo del conto totale. Gesto apprezzabile, ma tardivo per usare un eufemismo. Non è più una questione di soldi.
In conclusione, il Patchanga avrà pure avuto una brutta serata, ma la gestione del momento, che è per definizione strutturale e non contingente, è stata da dilettanti allo sbaraglio. Il che mi porta a pensare che questo è probabilmente ciò che sono. Per me il Pachanga ha rappresentato ieri tutto ciò che impedisce ad un turista che per sbaglio si trova in vacanza in Calabria di tornarci anche l’anno dopo: improvvisazione e dilettantismo, a tratti arroganza, a prezzi da professionismo. Da calabrese, in una parola, un’esperienza mortificante.
Quando si è ormai fatta la mezzanotte arriva anche l’ultimo piatto per mia moglie, ma è troppo tardi, abbiamo tutti finito di mangiare e stiamo andando a casa a mettere a letto i bimbi, e così lo rimandiamo indietro. Ci faremo un panino a casa.
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