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Dicono di noi:
È quasi un anno che cerco di trovare il giusto tempo per recensire i migliori ristoranti visitati in Italia nel 2019 e nel 2020 dopo la mia ripartenza per Dubai, e credo che oggi sia arrivato il momento di scrivere del Krèsios, visto anche il nuovo decreto che sancisce la chiusura anticipata alle h 18:00 di tutti i ristoranti italiani.
Il Krèsios non è un ristorante, però. E partirei proprio da qui.
Il Krèsios è un posto. Non un posto inteso come un luogo su una mappa, semmai il punto di arrivo dopo un viaggio e il punto di partenza per un altro viaggio.
Non ci si arriva per caso al Krèsios, ne’ a Telese Terme, in provincia di Benevento, nel Sannio. È più facile arrivarci come ha fatto Alice Nel Paese Delle Meraviglie passando da un buco che si è aperto magicamente sul terreno del giardino, scortati dal Bianconiglio. Ed è proprio come Alice che ci si sente, un attimo dopo aver varcato il grande cancello del Krèsios. E proprio come Alice ci si deve affidare, sospendendo ogni giudizio e cedendo alle tentazioni e intenzioni (serie e divertite) del padrone di casa che con le sue proposte ti stropiccia, ti allunga, ti restringe e ti allarga continuamente palato, testa e cuore, senza peraltro spiegare nulla, dire nulla, fornire nulla. Nessun menu. Nessun vademecum. Nessun orpello. Nessuno strumento. Solo tu, allungata e stropicciata, a consacrare il tuo viaggio, tappa per tappa, proprio come Alice nella favola di Lewis Carroll.
D’altronde non c’e alcun bisogno di suggerimenti se al primo morso il mistero si svela da se’. Ed eccoli qui, anche loro, ristretti o allargati o condensati come Alice ma inequivocabilmente riconoscibili: il pollo arrosto della domenica o il Tonnato sbagliato senza il vitello.
E non è tutto.
Ho preso un aereo da Dubai per arrivare fino a Roma. E ho preso un’auto per percorrere le meravigliose strade provinciali che collegano Roma al Sannio per arrivare fino a Telese Terme, passando per la bella Benevento, e prima di allora non sapevo dove fosse Telese Terme e non ero mai stata a Benevento.
E dopo il lungo viaggio, varcato il cancello del Krèsios, calpestati i ciottoli, sporcate le scarpe in giardino, baciata dal sole che supera le montagne e tocca tutto ciò che si trova a tiro, rincorsa persino dalle oche dell’aia, ho compreso il senso di molte cose che avrei visto, ascoltato, sentito, toccato e mangiato subito dopo.
In sala un rigore morbido accompagna il percorso: una cucina da cui non provengono voci ne’ suoni ma che fa sentire sul palato tutte le sue attenzioni. Pareti bianche interrotte da rosse, sensuali e languide bocche di donne. Nessun tovagliato. Tavoli pregiati, profumati, pensati per stare comodi e fatti a mano.
Sorprese ad ogni passo.
Mi hanno chiesto in tanti quale fosse stata la mia portata preferita al Krèsios, vista la proposta cosi ampia ma non si parla di portate in un percorso di emozioni, cosi come non si può dividere un viaggio in tappe.
Però, se devo obbligarmi a rispondere, sono due i morsi che ho amato di piu’. Il primo è lo scoglio. Non un piatto di spaghetti ma un perfetto gomitolo rosso cotto in una salsa realizzata dall’unione di 50 (e non 49) pesci diversi.
Il secondo restera’ un segreto mio e di chi ha condiviso il viaggio e il tavolo con me, quel giorno di dicembre e che, nonostante l’abitudine ad esperienze come quella, ancora ricorda le emozioni provate a farsi stropicciare un po’.
In sala Alfredo Buonanno, davvero portentoso con le sue proposte enologiche e l’appassionata conoscenza di prodotti, produttori e territori, sia nostrani che molto (molto) lontani. Indimenticabile ogni calice, compreso l’infuso, e i suoi racconti, cosi come l’estrema competenza e la passione sua, di tutta la brigata e dei ragazzi in sala.
Poi ho dormito al Krèsios, quel giorno. E la mattina dopo sul giardino-orto-oggi anche vigna, il buco sul terreno di Alice non c’era più, ma quel salto rimane ancora oggi tra le note della mia agenda a segnare la memoria di un viaggio rimasto indelebile.
Unico rammarico? Non aver mangiato la pastina al formaggino, servita rigorosamente in una ciotola di plastica disneyana (di Minnie) e non aver avuto il coraggio di baciare il ranocchio delle favole (Kiss me).
Consiglii? Sospendere ogni forma di giudizio (e di pregiudizio), spegnere la testa, perdere l’equilibrio, come Alice Nel Paese delle Meraviglie e buttarsi, facendosi il gran regalo di tornare un po’ bambini per perdersi un po’ e divertirsi davvero!
Intenti? Prima o poi dovrò riprendere un aereo per l’Italia e un’auto che da Roma mi riporti al Krèsios lungo le meravigliose strade del Sannio. Si tratta solo di aspettare l’invito dal Bianconiglio a saltare nel fosso del giardino, superato l’agguato delle oche, un’altra volta.
Perché non sarà certo un altro decreto, e non sarà un altro lockdown, a fermare il viaggio nel Paese Delle Meraviglie. Mai.
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